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fave modificate definitive jpg

Dedicato a tutti coloro che non amano le fave crude. E non sono pochi, me compresa.
Chi non è attratto dal semplice e classico piatto di fave e pecorino ha numerose alternative
minestra di fave, fave e carciofi, frittata di fave, fave in umido, fave e cicoria, sformato di fave e ricotta…

Io  che amo l’agrodolce, il dolceamaro, la frutta unita alle verdure,  le fave le cucino così…

Ingredienti
1 kg  fave fresche ( in alternativa 300 gr. di fave secche che andranno messe a bagno la sera prima)
500 gr. mele renette
2 cipolle
salvia
sale e Pepe
olio

Portate lentamente a ebollizione le fave in acqua fredda e cuocetele fino quasi al disfacimento. Passatele al mixer e condite con sale, pepe e un filo d’olio.
In una pentola rosolate a fuoco lento in poco olio le cipolle tritate. Fatele appassire. Aggiungete le mele tagliate a fettine sottili e la salvia. Cuocete ancora per circa 15 minuti. Anche le mele devono appassire come una purea.
Prima di servire scaldate le fave, mettetele in un piatto e al centro collocate la purea di mele.

Se rimane un po’ di purea di fave potete preparare un veloce primo piatto.
Mettete in padella della pancetta tagliata non troppo sottilmente. Scaldate velocemente fino a che la pancetta risulti croccante e condite la pasta con questa e con la purea di fave. Spolverate con pecorino grattugiato.

Le fave erano usate come alimento dai Greci e dai Romani. In Grecia, tra l’altro, le fave venivano utilizzate anche  in politica durante le votazioni su progetti di legge:quelle bianche indicavano consenso positivo, quelle nere negativo.
Nel Medioevo le fave, molto ricche di proteine vegetali, divennero il cibo delle classi più povere. Con la scoperta dell’America iniziò il loro declino. Furono spodestate presto dal fagiolo.
Sapete che le fave erano considerate piante magiche, dotate di poteri soprannaturali in grado di influenzare negativamente o positivamente la vita degli uomini? Venivano offerte agli dei dell’oltretomba e in alcune epoche si evitava di mangiarle  proprio per paura di essere puniti per aver avvicinato un cibo caro alle divinità e agli spiriti. Pitagora proibiva ai suoi discepoli di mangiare le fave perché pensava che le macchie nere sui loro fiori fossero un simbolo infernale.
Pellegrino Artusi racconta:
“Le fave, e soprattutto quelle nere, erano considerate come una funebre offerta, poiché credevasi che in esse si rinchiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti alle porte dell’inferno”

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